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Costituzione nuova Società

CONSULENZA IN FASE DI COSTITUZIONE SOCIETARIA


ADEMPIMENTI CONNESSI ALLA NUOVA SOCIETA'


Cotituzione Società di Capitali e Persone

Consulenza ed assistenza nella costituzione di nuova società



Grazie alla nostra competenza approfondita nel diritto societario, siamo in grado di guidare le aziende in ogni fase del percorso imprenditoriale: dalla scelta della forma societaria ottimale, all'assistenza nella costituzione, fino alla gestione accurata dei rapporti societari con particolare attenzione alla governance.

Quando si decide di avviare una nuova attività di tipo imprenditoriale sovente ci si pone il problema di quale forma societaria adottare. Al riguardo è bene sottolineare che non esistono forme societarie “migliori” di altre in quanto ogni società ha caratteristiche differenti, pertanto, in prima battuta, è necessarie procedere ad un’analisi del business e decidere quale tipologia societaria si adatta meglio per le proprie esigenze.

I nostri esperti vantano una vasta esperienza pluriennale e una profonda conoscenza in tutti i settori imprenditoriali, ponendosi come preziosi partner offrendo consulenza di valore durante la fase di avvio di un'impresa. Tutti gli adempimenti normativi e le formalità saranno pianificati e eseguiti con precisione, tempestività e efficienza.


Differenza tra società di capitali e società di persone


Le differenze tra le società di capitali e quelle di persone sono numerose e sostanziali, la principale distinzione risiede nel prevalere dell'elemento patrimoniale sul personale nelle società di capitali, a differenza delle società di persone. Nel contesto delle prime, il valore del socio è determinato dalla quota di capitale sottoscritta, mentre nelle seconde si pone l'accento sulle caratteristiche personali del socio.

Un vantaggio intrinseco alle società di capitali è la chiara separazione tra il socio e la società, quest'ultima dotata di personalità giuridica. I creditori non hanno la facoltà di rivalersi sul patrimonio personale del socio. Al contrario, le società di persone, pur dotate di capacità giuridica, non godono della stessa "persona giuridica". Questo aspetto comporta rilevanti conseguenze in termini di responsabilità dei soci. Le società semplici, per esempio, non vengono considerate entità giuridiche completamente distinte dalle persone dei soci, benché abbiano diritti e doveri, a differenza delle società di capitali.

La società di persone è caratterizzata dalla preminenza dell'elemento personale, con una stretta relazione tra i soci. Questa relazione si sviluppa principalmente perché, nella maggior parte dei casi, i soci assumono una responsabilità illimitata con il proprio patrimonio personale. Questa rappresenta la differenza fondamentale rispetto alle società di capitali.

Le società di persone, pur dotate di capacità giuridica, non possiedono personalità giuridica. In termini pratici, ciò implica che la singola società di persone, dal punto di vista legale, non è considerata un'entità separata dai suoi soci. Tuttavia, queste imprese hanno la capacità di possedere beni e possono comparire davanti a un giudice.

In sintesi, le distinzioni tra le due tipologie di società risiedono nella gestione dell'elemento personale e patrimoniale, con implicazioni significative in termini di responsabilità e identità giuridica.

Le società di persone si suddividono in:
- società semplice;
- società in nome collettivo;
- società in accomandita semplice.

Le società di capitali si suddividono in:
- società per azioni;
- società a responsabilità limitata;
- società a responsabilità limitata semplificata;
- società in accomandita per azioni.


Elementi caratterizzanti della Società di capitali


Le società di capitali si differenziano dalle società di persone per la predominanza dell'elemento patrimoniale rispetto a quello personale. In queste forme societarie, la responsabilità del socio e il suo peso nella struttura aziendale sono determinati principalmente dal capitale investito nell'impresa.

I due principali tipi di società di capitali sono:
- Società per Azioni (S.p.A.): La S.p.A. è una forma societaria adatta all'esercizio di imprese di grandi dimensioni. La responsabilità dei soci è limitata al capitale investito e suddivisa in azioni. Il capitale sociale minimo richiesto per la costituzione di una S.p.A. è stabilito per legge e deve essere sottoscritto e versato dai soci.
- Società a Responsabilità Limitata (S.r.l.): L'S.r.l. è una forma societaria più flessibile e adatta a imprese di dimensioni più contenute. Anche in questo caso, la responsabilità dei soci è limitata al capitale investito, ma il capitale sociale è diviso in quote. L'S.r.l. richiede un capitale sociale minimo, ma in genere offre una maggiore flessibilità operativa rispetto alla S.p.A.

Esistono inoltre altre forme di società di capitali, tra cui: - Società in Accomandita per Azioni (S.a.p.A.): Una variante delle società in accomandita semplice, in cui la responsabilità degli accomandatari è limitata al capitale investito, mentre gli accomandanti assumono una responsabilità illimitata. - Società a Responsabilità Limitata Semplificata (S.r.l.s.): Una forma semplificata di S.r.l. adatta a imprese di dimensioni ridotte, con requisiti e formalità semplificate per la costituzione.


Costituzione di una Società a Responsabilità Limitata (SRL)


Il primo passo consiste nella redazione dello statuto e dell'atto costitutivo della Società a Responsabilità Limitata (SRL). L'atto costitutivo comprende i dettagli dei soci e le peculiarità dell'impresa, come ad esempio il nome della società. Al contrario, lo statuto regolamenta il funzionamento della SRL, dettando aspetti come i poteri degli amministratori e l'importo del capitale sociale. In aggiunta, questi documenti delineano l'oggetto sociale, cioè l'attività svolta dalla società.

Dopo aver preparato la documentazione necessaria, i soci devono effettuare il versamento del capitale sociale. I soci sono liberi di decidere l'ammontare da versare inizialmente. Sebbene il capitale minimo richiesto per la SRL sia di €1, è consigliabile versare un importo adeguato per coprire i costi iniziali dell'attività. Una volta scelto l'importo del capitale sociale, ciascun socio dovrà trasferire la propria quota al futuro amministratore, ad esempio attraverso un bonifico sul suo conto.

Adempimenti necessari per la costituzione di una SRL

1. Costituzione e stipula con il notaio: Una volta che l'atto costitutivo e lo statuto sono pronti, è necessario rivolgersi a un notaio per la stipula. Dal 14 dicembre 2021 è possibile costituire una società anche online, in videoconferenza con il notaio. In tal caso, tutti i soci e gli amministratori devono possedere una firma digitale attiva. Il notaio verifica l'identità dei soci e degli amministratori, il versamento del capitale e ufficializza la costituzione della società.

2. Codice fiscale e partita IVA: La società deve ottenere un proprio codice fiscale e una partita IVA, attribuiti dall'agenzia delle entrate. La richiesta di questi codici, inclusa quella del codice ATECO associato alla partita IVA, solitamente è gestita dal commercialista che segue la società come parte del servizio di contabilità.

3. Iscrizione al registro delle imprese: Tutte le società devono iscriversi al registro delle imprese, una banca dati telematica contenente informazioni sulle imprese italiane. Per indicare la sede, è possibile optare per un servizio di domiciliazione legale per evitare la necessità di affittare o acquistare un immobile. La SRL viene iscritta dal notaio nella sezione ordinaria.

4. Comunicazione di inizio attività: Prima di avviare l'attività, la società deve effettuare la comunicazione di inizio attività, inviando dichiarazioni telematiche all'agenzia delle entrate e al registro delle imprese. Il contenuto delle dichiarazioni varia a seconda del tipo di attività svolta.

5. Vidimazione dei libri sociali: Dopo la costituzione, ogni SRL deve vidimare i libri sociali, documenti obbligatori che registrano le attività e le decisioni della società. La vidimazione viene solitamente effettuata dal notaio al momento della costituzione, comprensiva di costi come la tassa di concessione governativa e l'imposta di bollo.

Gestione, imposte, commercialista e scritture contabili

Dopo la costituzione, la gestione della società richiede l'attenzione a diversi obblighi e adempimenti contabili periodici. Per evitare sanzioni, è consigliabile affidare la contabilità della SRL a un commercialista, che si occupa delle scadenze fiscali e delle dichiarazioni obbligatorie.

I principali adempimenti fiscali e contabili includono la tenuta delle scritture contabili, dei libri sociali, la dichiarazione IVA, e il versamento delle imposte come l'IRES e l'IRAP.


Caratteristiche della Società per Azioni (SPA)


La Società per Azioni (S.p.A.) si configura come la forma societaria tipica e più adatta all'esercizio di imprese di notevoli dimensioni. Questa categoria di società di capitali, insieme alle società cooperative, ha subito importanti modifiche attraverso il Decreto Legislativo n. 6/2003, successivamente integrato e corretto dai decreti legislativi n. 37/2004 e n. 310/2004.

Dal punto di vista giuridico, la S.p.A. è considerata una persona giuridica che svolge un'attività economica, e le quote di questa società sono rappresentate da azioni. Conformemente all'articolo 2325 del Codice Civile, nelle società per azioni, la responsabilità per le obbligazioni sociali è limitata esclusivamente al patrimonio della società, determinando così una limitazione della responsabilità dei soci alla somma o al bene conferito.

Un elemento peculiare della S.p.A. è rappresentato dal capitale sociale, il quale non può essere inferiore a 50.000 euro, stabilendo così una soglia minima obbligatoria per la sua costituzione. La S.p.A. può essere costituita solo dopo il completamento di due adempimenti prescritti dalla legge, ciascuno dei quali produce effetti giuridici preliminari:
- La stipulazione dell'atto costitutivo, in cui si manifesta la volontà delle parti di instaurare il rapporto sociale.
- L'iscrizione della società nel registro delle imprese.

L'articolo 2329 del Codice Civile stabilisce tre condizioni fondamentali per procedere alla costituzione della S.p.A.:
- L'intera sottoscrizione del capitale sociale.
- Il versamento di almeno il venticinque per cento dei conferimenti in denaro dei soci, nel rispetto delle disposizioni in materia di conferimenti.
- L'esistenza delle autorizzazioni e delle altre condizioni richieste dalle leggi speciali; ad esempio, le società bancarie e assicuratrici necessitano sempre di specifiche autorizzazioni governative.

Il contratto e l'atto unilaterale costitutivo si compongono di due documenti distinti: l'atto costitutivo, che esprime la volontà delle parti di dar vita al rapporto sociale, e lo statuto, che contiene le norme per il funzionamento della società.


Caratteristiche delle Società di Persone

La Società semplice (SS)

La Società Semplice rappresenta la forma di società di persone più elementare nel nostro sistema giuridico; caratterizzata dalla sua semplicità, questa tipologia di società si distingue per il fatto che il contratto non è soggetto a particolari formalità, a eccezione di quelle necessarie in relazione alla natura dei beni conferiti. Sebbene sia richiesta l'iscrizione dell'atto costitutivo nel registro delle imprese, tale procedura è eseguita esclusivamente per fini di pubblicità e notizia, priva di valore costitutivo.

La peculiarità principale della società semplice è l'esclusività delle attività che può svolgere, concentrate principalmente nell'ambito economico e lucrativo non commerciale. La sua sfera di applicazione può estendersi a settori come l'agricoltura e la gestione di immobili, purché quest'ultima non sia svolta esclusivamente a fini di godimento.

Da un punto di vista giuridico, la società semplice non possiede personalità giuridica, come indicato anche dalla disposizione normativa dell'art. 2331 del codice civile. Questa norma utilizza il termine "personalità" esclusivamente in riferimento alle società per azioni, richiamandola anche per le altre società di capitali e le cooperative, ma non per le società di persone.

La ragione sociale assume un ruolo fondamentale nella Società Semplice, svolgendo una funzione di identificazione simile a come il nome identifica una persona fisica. Nonostante il legislatore non ne faccia menzione esplicita, la dottrina afferma che anche la società semplice deve avere una ragione sociale, la quale deve contenere il nome di uno o più soci, escludendo coloro che, per patto sociale, non rispondono personalmente delle obbligazioni sociali.

Il capitale sociale, espressione in termini monetari del valore dei conferimenti che costituiscono il fondo sociale, va distinto dal patrimonio sociale. Quest'ultimo è costituito dall'insieme di attività e passività della società esistenti in un dato momento. È importante notare che capitale e patrimonio sociale possono coincidere solo nella fase iniziale della società, evidenziando la dinamica evolutiva delle risorse aziendali nel tempo.

La Società in Nome Collettivo (SNC)

Le Società in Nome Collettivo rappresentano un'altra forma di società di persone, in cui tutti i soci assumono una responsabilità solidale e illimitata per le obbligazioni sociali. La struttura di queste società è simile a quella delle società semplici, fungendo come un parametro importante per le società di persone e oltre.

La costituzione delle società in nome collettivo avviene attraverso la stipulazione del contratto di società in nome collettivo (s.n.c.), che deve essere redatto per iscritto. Tale atto può essere formalizzato mediante scrittura privata autenticata da notaio o con atto pubblico. Gli amministratori e il notaio sono tenuti a depositare il contratto o una copia presso l'ufficio del registro delle imprese, nella circoscrizione in cui si trova la sede sociale.

Le eventuali modifiche apportate al contratto devono anch'esse essere iscritte nel registro delle imprese e, solo dopo la registrazione, diventano opponibili ai terzi, a meno che non si dimostri che questi erano comunque a conoscenza delle modifiche.

Va sottolineato che una società in nome collettivo non registrata è considerata irregolare per tutto il periodo in cui non è iscritta nel registro delle imprese. In questo contesto:
- I rapporti tra la società non registrata e i terzi sono regolati dalle norme relative alla società semplice.
- Il termine di prescrizione dei diritti sociali è fissato a 10 anni.

Ciascun socio ha la facoltà di provvedere alla regolarizzazione o di fare condannare gli amministratori a provvedervi. La regolarizzazione comporta un subentro ex nunc nella disciplina sociale prevista per le società collettive regolari.

La Società in Accomandita Semplice (SAS)

Le Società in Accomandita Semplice (S.a.s.) costituiscono una forma particolare di società di persone, caratterizzate dalla partecipazione di due categorie distinte di soci:
- Accomandati: Questa prima categoria di soci, denominati accomandati, si limita a conferire il proprio capitale e non partecipa attivamente alla gestione sociale. Gli accomandati non assumono responsabilità illimitata verso i creditori sociali e hanno l'unico obbligo di versare all'interno della società il proprio apporto finanziario.
- Accomandatari: La seconda categoria di soci, conosciuta come accomandatari, gioca un ruolo attivo nella gestione e direzione della società. Gli accomandatari, a differenza degli accomandati, assumono una responsabilità illimitata e rispondono in modo sussidiario con il proprio patrimonio per le obbligazioni sociali.

Questa struttura societaria offre un compromesso tra la partecipazione attiva alla gestione e la limitazione della responsabilità. Gli accomandatari, pur avendo una responsabilità illimitata, beneficiano della collaborazione finanziaria degli accomandati, i quali, pur non partecipando attivamente alle decisioni operative, sono protetti da una responsabilità limitata alle risorse che hanno conferito alla società.

Le società in accomandita semplice sono soggette a disposizioni specifiche che regolano il ruolo e la responsabilità di ciascuna categoria di soci. La presenza di accomandati e accomandatari offre flessibilità nella gestione e strutturazione delle responsabilità, adattandosi alle esigenze specifiche dei partecipanti.



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Approfondimenti: Normativa e Giurisprudenza

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La Cassazione Sezione Lavoro, con la sentenza n.30419 del 21 novembre 2019, ha stabilito che per ottenere diritto alla prestazione è sufficiente la presentazione all’INPS della domanda di riconoscimento dell'invalidità civile anche se incompleta.
Nello specifico, la Corte di Cassazione ha stabilito che, in talune circostanze, la domanda inoltrata all'INPS al fine di ottenere il riconoscimento per l'invalidità civile senza la documentazione medica a supporto di cui al D.M. 9 novembre 1990, seppur indicata nella domanda medesima, è idonea a costituire il diritto alla prestazione fin dal momento della sua presentazione.
La citata Sentenza della Corte di Cassazione prende in esame il caso di una persona non vedente la quale, inviando nell'anno 2002 richiesta all'INPS domanda di invalidità civile, seppur compilando correttamente il modulo apposito, non allegava la necessaria certificazione medica. Ciò nonostante, l'INPS, nell'anno 2009, sollecitava all'istante la documentazione medica mancante, anziché respingerla per incompletezza, riconoscendo, però, il diritto della prestazione solo dall'anno 2009, ovvero da quando veniva integrata la domanda di invalidità con l'inizio della certificazione medica necessaria. Il richiedente la prestazione contestava il riconoscimento del diritto a percepire le prestazioni INPS solo a far data dal 2009, ritenendo, invece, corretto che gli fosse riconosciuto tale diritto sin dalla presentazione della domanda, ovvero dal 2002.
La Corte di Cassazione, dopo aver ricostruito la vicenda, si esprimeva a favore dell'istante non vedente come di seguito si riporta in alcuni passaggi della Sentenza: “Osserva questa Corte che la preventiva presentazione della domanda amministrativa costituisce un presupposto dell'azione giudiziaria nelle controversie previdenziali ed ha lo scopo di consentire una definizione prima di adire il giudice: in mancanza di questa l'azione giudiziaria è improponibile, senza che in contrario possano trarsi argomenti ne' dall'ad 8 L n 533/1973 (che si limita a negare rilevanza ai vizi, alle preclusioni ed alle decadenze verificatisi nel corso del procedimento amministrativo), ne' dall'art. 443 cpc, che prevede la mera improcedibilità della domanda giudiziale soltanto per il caso del mancato esaurimento del procedimento amministrativo, che sia stato però iniziato. Il beneficio assistenziale viene attribuito a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata presentata la domanda amministrativa.L'istanza medesima vale, al pari degli altri presupposti richiesti dalla legge, a costituire il diritto alla prestazione. Tali principi di carattere generale non possono che essere qui ribaditi. Nella fattispecie in esame non è in discussione la presentazione della domanda, ma ciò di cui si discute è se il mancato contestuale deposito del certificato medico possa giustificare una diversa decorrenza della provvidenza richiesta ,non più dalla domanda , come previsto per legge, e benché il requisito sanitario sia stato riconosciuto presente fin dalla domanda amministrativa.(...) Si è affermato in detto precedente che la certificazione medica ,nella quale non sia barrata una delle suddette ipotesi, non determina l'improcedibilità della domanda, per non essere necessaria la formalistica compilazione dei moduli predisposti dall'Inps o l'uso di formule sacramentali al fine di integrare il requisito della necessaria presentazione della domanda, essendo sufficiente che la domanda consenta di individuare la prestazione richiesta affinché la procedura ,anche amministrativa, si svolga regolarmente.(...) In continuità con tale arresto ( ed anche con Cass. Ord. n. 24896/2019) deve affermarsi, nella fattispecie in esame, non solo la piena procedibilità del ricorso, ma anche l'idoneità della domanda amministrativa ,sebbene non sia accompagnata da certificazione medica, a costituire il diritto alla prestazione, accanto agli altri presupposti previsti dalla legge, fin dalla sua proposizione. (...) La domanda costituisce requisito imprescindibile che, salvo specifiche ipotesi di assoluta inidoneità ad attivare l'iter amministrativo per la sua indeterminatezza , obbliga l'istituto alla valutazione della sussistenza dei presupposti per la concessione del beneficio richiesto senza opporre formalistiche interpretazioni delle norme.”
Il principio espresso dalla Corte di Cassazione della Sezione Lavoro, con la Sentenza presa in esame, ritiene che non sia necessario che la domanda di invalidità all'INPS, al momento della presentazione della domanda, sia corredata da tutta la documentazione medica all'uopo prevista ai fini della decorrenza della domanda stessa, dovendosi considerare il decorrere della prestazione non già dalla data di integrazione della domanda, bensì della data di presentazione della prestazione.


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L'Inps, con messaggio 1867 del 5 maggio 2020, riepiloga i criteri di calcolo delle pensioni in cumulo e totalizzate, quando tra le gestioni interessate sono comprese le gestioni Inps dei lavoratori autonomi e contribuzione agricola dipendente.
L'Istituto si concentra in particolare sulle regole di calcolo della pensione in cumulo. In questo caso la regola generale è che le forme assicurative interessate, ciascuna per la parte di propria competenza, determinano il trattamento pro quota in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione, secondo le regole di calcolo previste da ciascun ordinamento e sulla base delle rispettive retribuzioni di riferimento.
Con la totalizzazione invece la regola generale è basata sul calcolo contributivo.
Nel messaggio 1867/2020 l’Inps individua tre ipotesi di copresenza di una pluralità di contribuzioni accreditate nella posizione del lavoratore tra cui come costante compare quella agricola (v. schema riassuntivo finale).
Contribuzione mista di tutte le gestioni
Come prima ipotesi, quando sono presenti periodi di contributi agricoli dipendenti più contributi FPLD, più contributi gestioni autonome, più contributi di altre gestioni extra Inps, è possibile applicare il cumulo ex lege 228/2012 o la totalizzazione per accedere ad un’unica pensione.
Innanzitutto, ai fini dell’accertamento dell’anzianità contributiva non coincidente, opera il principio secondo il quale l’AGO deve essere considerata come una forma pensionistica unitaria sebbene strutturata in più gestioni.
I periodi di contribuzione accreditati nel Fondo Pensioni dei Lavoratori Dipendenti (FPLD) e nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi devono essere cumulati fra loro e inclusi come unica gestione nel cumulo dei periodi assicurativi (articolo 21 della legge 22 luglio 1966, n. 613 – art. 16 legge 233/1990).
Pertanto, se è presente sia contribuzione nella gestione dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni sia contribuzione nella gestione artigiani e/o commercianti si utilizzano i criteri di calcolo previsti per la gestione autonoma di ultima iscrizione.
Da tali regole discende quanto segue:
- la pensione, con il cumulo di tutti i contributi versati o accreditati, compresi quelli dell'assicurazione generale obbligatoria (Ago), sia ai fini del conseguimento del diritto che della misura della prestazione, è liquidata in quella tra le gestioni speciali, in cui l'interessato o il dante causa risulta aver contribuito da ultimo;
- qualora il diritto alla prestazione richiesta non risulti conseguito nell'assicurazione alla quale l'interessato o il dante causa ha contribuito da ultimo, ma risulti tuttavia perfezionato, sulla base o meno del cumulo dei contributi, in altra forma assicurativa obbligatoria per lavoro autonomo, deve farsi luogo alla concessione della prestazione nell'assicurazione nella quale il diritto risulta perfezionato, con l'osservanza delle norme proprie dell'assicurazione stessa;
- per i lavoratori che liquidano la pensione in una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi con il cumulo dei contributi versati nelle medesime gestioni o nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, l'importo della pensione è determinato dalla somma: a) della quota di pensione calcolata sulla base dei periodi di iscrizione alle rispettive gestioni; b) della quota di pensione calcolata, con le norme dell'assicurazione generale obbligatoria, sulla base dei periodi di iscrizione alla medesima dei lavoratori dipendenti.
Pertanto, ogni gestione autonoma (artigiani, commercianti o agricoli) e dipendente, calcola il suo pro-rata in base alle regole specifiche della gestione e in considerazione degli anni in cui si collocano i rispettivi periodi (retributivi o contributivi).


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Di seguito approfondiremo, seppur brevemente, le principali caratteristiche tipiche degli istituti della cessione del credito e del pignoramento della retribuzione ed i relativi adempimenti, nonché la coesistenza di entrambe le figure in capo al medesimo lavoratore, pertanto limitando l'approfondimento in ambito lavoristico.
La procedura di pignoramento presso terzi attivata dall’Agente di Riscossione sensibilmente rispetto alla procedura ordinaria di pignoramento. Quest'ultima può infatti agire in via stragiudiziale attraverso l’intimazione di pagamento direttamente nei confronti del terzo (come il datore di lavoro) presso cui il lavoratore vanti un credito (lo stipendio).
In particolare, è previsto che la quota pignorabile segua i seguenti limiti in relazione a 3 differenti fasce di retribuzione netta mensile del lavoratore:
- da 0 fino a 2.500 Euro: 1/10;
- da 2.500,01 sino a 5.000 Euro: 1/7;
- da 5.000,01 Euro in su: 1/5.
Cessione del quinto.
Per cessione del quinto deve intendersi quella procedura volontaria che il lavoratore realizza nel momento in cui sceglie di cedere il proprio credito retributivo - nella misura massima di 1/5 - ad un soggetto terzo nei confronti del quale il datore di lavoro è tenuto a rendere la prestazione economica.
Il contratto di cessione del credito risulta caratterizzato da una relazione trilaterale tra un soggetto cedente (lavoratore), un soggetto cessionario (normalmente le società finanziarie dove si chiede il prestito) ed un debitore ceduto (datore di lavoro).
Il soggetto cedente possono essere sia lavoratori dipendenti, a tempo pieno e a tempo parziale, che siano titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato e che siano provvisti di stipendio o salario fisso o continuativo, che lavoratori autonomi di cui all’art. 409, comma 3, c.p.c.– ovvero i collaboratori coordinati e continuativi, gli agenti ed i rappresentanti di commercio - possono sottoscrivere cessioni del credito a condizione che siano titolari di un rapporto di lavoro di durata non inferiore a 12 mesi e possano vantare un compenso che abbia carattere certo e continuativo.
Da segnalare, inoltre, che nella categoria di soggetto cedente vi sono anche i pensionati di tutti gli enti previdenziali ed i titolari di assegno di invalidità e di vecchiaia.
Il soggetto cessionario isi identifica con soggetti quali gli istituti di credito, le società di assicurazione, le società esercenti il credito (escluse quelle costituite in nome collettivo ed accomandita semplice) le casse di risparmio ed i monti di credito su pegno; mentre per debitore ceduto si intende il datore di lavoro, il quale diventa un soggetto “passivo” del contratto di cessione ed al quale competono, in relazione al contratto sottoscritto dal lavoratore, una serie di precisi adempimenti tesi a dar seguito alla cessione medesima.
In relazione alla durata della cessione del quinto l’art. 52 del D.P.R. n. 180/1950 disciplina i termini massimi riferiti alla durata del contratto di cessione del credito che non può superare a dieci anni per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, mentre per i dipendenti assunti con contratto a termine e per i lavoratori autonomi di cui all’art. 409 c.p.c. la cessione del quinto non può eccedere il periodo di tempo che, al momento dell’attivazione del contratto di cessione, deve ancora trascorrere per la scadenza del contratto in essere.
Ovviamente, la cessione del credito del lavoratore non può superare il limite massimo di un quinto della retribuzione del medesimo, da calcolarsi al netto delle ritenute previdenziali e fiscali, ne è ammessa la coesistenza di più cessioni che superino il predetto limite del quinto.
Adempimenti del datore di lavoro.
In base a quanto disciplinato dall’art. 1260 c.c., l’atto di cessione del credito si perfeziona anche senza il consenso del debitore ceduto. Questo significa che il datore di lavoro cui venga notificata una cessione del quinto da parte di un lavoratore, non può in alcun modo opporsi alla stessa e deve, pertanto, dar seguito alla richiesta del lavoratore ponendo in essere una serie di adempimenti.
Dal momento della notifica della cessione dello stipendio il datore di lavoro è tenuto a trattenere dalla retribuzione del lavoratore un importo pari alla quota di retribuzione ceduta. Tale quota dovrà essere versata entro il mese successivo al soggetto cessionario, sul conto corrente da quest’ultimo indicato.
Pignoramento dello stipendio.
Con il pignoramento ha inizio l’espropriazione forzata che corrisponde alla modalità con cui il creditore persegue la soddisfazione di un proprio credito attraverso l’esproprio dei beni del debitore e che possono trovarsi nella disponibilità di un terzo.
In ambito lavoristico il soggetto terzo è rappresentato dal datore di lavoro il quale, dal momento della notifica del pignoramento, assume la denominazione di “terzo pignorato” ed è tenuto al rispetto di precisi obblighi ed adempimenti previsti dalla normativa vigente, in particolare: custodia dei beni pignorati: ai sensi dell’art. 546 c.p.c., dal giorno della notifica dell’atto di pignoramento, il terzo pignorato “è soggetto, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode”; dal momento della notifica dell’atto il datore di lavoro è obbligato ad operare le trattenute sulla retribuzione del dipendente ed è previsto che il creditore compaia in udienza di fronte al giudice il quale, valutala la positiva esistenza o inesistenza di crediti (sulla base della dichiarazione fornita dal datore di lavoro ed indicata al punto successivo), autorizza o meno il pignoramento presso terzi. effettuazione della c.d. “dichiarazione del terzo”: il terzo pignorato (ovvero in questo caso il datore di lavoro) deve rendere una dichiarazione al creditore indicando di quali somme risulta debitore e quando ne deve eseguire la consegna, avendo cura di indicare l’eventuale presenza di sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate. versamento della trattenuta effettuata ed applicazione della ritenuta fiscale: dal momento dell’emanazione della sentenza di assegnazione del credito, il terzo pignorato è tenuto a versare al creditore le somme pignorate e trattenute.
E' bene precisare che in caso di cessione del quinto cui fa seguito un pignoramento non si può sequestrare o pignorare se non la differenza fra la metà dello stipendio valutato al netto di ritenute e la quota ceduta (fermo restando i limiti economici generici di 1/3 e 1/5); in caso di pignoramento cui fa seguito una cessione, quest'ultima non può essere effettuata se non limitatamente alla differenza tra i 2/5 dello stipendio valutato al netto delle ritenute e la quota colpita da sequestri o pignoramenti.
Nel caso di concorso di più pignoramenti è necessario prendere in considerazione la natura dei crediti trattati: in caso di concorso di crediti alimentari con crediti di altra natura è possibile procedere con il pignoramento sino a raggiungere la metà della retribuzione netta; in caso di concorso di crediti diversi da cause alimentari ed aventi la stessa natura: è possibile procedere con il pignoramento sino a raggiungere 1/5 della retribuzione netta.


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Con la Sentenza in oggetto la Cassazione riepiloga alcuni principi in tema di restituzione di somme indebite per effetto di pronunce giudiziali e di compensazione mediante trattenute su crediti generalmente non pignorabili e non soggetti a compensazione, quali la pensione di invalidità, l’indennità di accompagnamento, l’assegno sociale, avuto anche riferimento alla regola del minimo impignorabile.
Preliminarmente la Corte osserva che la restituzione di una somma pagata in ottemperanza ad una sentenza di merito provvisoriamente esecutiva non rientra nel campo di applicazione o nella fattispecie legale della condictio indebiti (art. 2033 c.c.). Quest’ultimo meccanismo riguarda infatti il pagamento effettuato nell’ambito di un rapporto privatistico e non nell’ottemperanza di un atto pubblico autoritativo.
Tanto premesso, nel caso di titolarità di una prestazione di invalidità civile contestualmente ad un debito del beneficiario nei confronti dell’INPS per i medesimi titoli, in relazione a somme indebitamente percepite, è consentita la c.d. compensazione impropria, che presuppone che i rispettivi debiti e crediti abbiano origine da uno stesso rapporto (in tal caso il giudice la può ammettere direttamente senza alcuna eccezione di parte o specifica domanda). Il fatto che sia una compensazione impropria esclude l’applicazione di tutte le regole in materia di compensazione vera e propria, ed in particolare la deducibilità per intero del controcredito dal credito per sua natura impignorabile. La Corte, nel caso in esame, ha ritenuto non ammissibile la compensazione impropria, non avendo origine, i rispettivi crediti e debiti, dal medesimo rapporto: l’assegno sociale è infatti prestazione che non deriva dalla verifica di uno stato di invalidità e che non investe la tutela di condizioni di salute o di gravi situazioni di urgenza.


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L'Inps fornisce le istruzioni in merito all'applicazione, per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni titolari di assegno di invalidità, del limite ordinamentale previsto in 65 anni per la cessazione del rapporto di lavoro
Nei confronti dei dipendenti pubblici titolari di assegno di invalidità che non intendano esercitare il diritto all’accesso alla pensione di vecchiaia anticipata, l’Amministrazione manterrà il rapporto di lavoro fino al compimento dell’età limite ordinamentale di 65 anni.
L'Inps con la circolare 30 gennaio 2020, n. 10, ha chiarito i rapporti tra il limite di età ordinamentale previsto in 65 anni per la cessazione del rapporto di lavoro, con la titolarità, in capo al dipendente pubblico dell’assegno di invalidità.
Per i dipendenti pubblici che sono titolari dell’assegno di invalidità, quest’ultimo si trasforma in pensione di vecchiaia anticipata in presenza dei seguenti requisiti (art. 10 legge 222/1984): accertamento dello stato di invalidità in misura non inferiore all’80%; compimento dell’età anagrafica (55 anni per le donne, 60 anni per gli uomini) adeguata agli incrementi alla speranza di vita (per gli anni 2019 e 2020, gli incrementi applicati sono pari a 12 mesi e pertanto i requisiti sono rispettivamente di 56 anni per le donne e 61 anni per gli uomini); maturazione dell’anzianità contributiva minima di 20 anni nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti; decorso di 12 mesi dalla data di maturazione del requisito (anagrafico, contributivo o sanitario) da ultimo perfezionato.
Per i dipendenti pubblici vale inoltre un’altra regola: il compimento del 65° anno di età costituisce il limite alla prosecuzione dell’attività lavorativa non superabile se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione (art. 2, legge 125/2013).
Pertanto al raggiungimento di tale età massima, in considerazione della precedente maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia anticipata come descritto sopra, l’amministrazione datrice di lavoro collocherà a riposo il dipendente, contando sulla conversione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia.


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Con Sentenza 11.9.2008, n. 22858, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha individuato i caratteri essenziali del mobbing, ravvisabili in una condotta protratta nel tempo, tesa a ledere il lavoratore. Caratterizzano tale condotta, alla stregua delle considerazioni svolte dalla Suprema Corte, la sua protrazione nel tempo, una pluralità di atti, nonchè la volontà che la sorregge, diretta alla prosecuzione od all'emarginazione del dipendente, e la conseguente lesione, attuata sul piano professionale o sessuale o morale o psicologico o fisico.
Al riguardo, con la Sentenza in epigrafe, la Corte di Cassazione ha stabilito quanto segue: "Su un piano generale è da osservare quanto segue. Il mobbing (come espressamente dedotto e prospettato dalla ricorrente) è costituito da una condotta protratta nel tempo diretta a ledere il lavoratore. Caratterizzano questo comportamento la sua protrazione nel tempo attraverso una pluralità di atti (giuridici o meramente materiali, anche scarsamente legittimi: Corte cost. 19 dicembre 2003 n. 359: Cass. Sez. (in. 4 maggio 2004 n. 8438 Cass. 29 settembre 2005 n. 19053; dalla protrazione il suo carattere di illecito permanente: Cass. Sez. Un. 12 giugno 2006 n. 13537) la volontà che lo sorregge (diretta alla persecuzione od all'emarginazione del dipendente), e la conseguente lesione, attuata sul piano professionale o sessuale o morale o psicologico o fisico.
Lo specifico intento che lo sorregge e la sua protrazione nel tempo lo distinguono da singoli atti illegittimi (quale la mera dequalificazione ex art. 2103 cod. civ.).
Fondamento dell'illegittimità è (in tal senso, anche Cass. 6 marzo 2006 n. 4774) l'obbligo datoriale, ex art. 2087 cod. civ., di adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del prestatore. Da ciò, la responsabilità del datore anche ove (pur in assenza d'un suo specifico intento lesivo) il comportamento materiale sia posto in essere da altro dipendente. Anche se il diretto comportamento in esame è caratterizzato da uno specifico intento lesivo, la responsabilità del datore (ove il comportamento sia direttamente riferibile ad altri dipendenti aziendali) può discendere, attraverso l'art. 2049 cod. civ., da colpevole inerzia nella rimozione del fatto lesivo (in tale ipotesi esigendosi tuttavia l'intrinseca illiceità soggettiva ed oggettiva di tale diretto comportamento - Cass. 4 marzo 2005 n. 4742 - ed il rapporto di occasionalità necessaria fra attività lavorativa e danno subito: Cass. 6 marzo 2008 n. 6033).
Lo spazio del mobbing, presupponendo necessariamente (nella sua diretta od indiretta origine) la protrazione di una volontà lesiva è pertanto più ristretto di quello (nel quale tuttavia s'inquadra) delineato dall'art. 2087 cod. civ., comprensivo di ogni comportamento datoriale, che può essere anche istantaneo, e fondato sulla colpa. Avendo fondamento nell'art. 2087 cod. civ., l'astratta configurazione del mobbing costituisce la specificazione della clausola generale contenuta in questa disposizione".


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L'Inps con la circolare 100 del 13 giugno 2016 fornisce le istruzioni operative per la gestione del contenzioso inerente all'accertamento tecnico preventivo obbligatorio, in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità di cui all'articolo 445 bis c.p.c: il ricorrente dovrà enunciare espressamente la pretesa che intende far valere nel giudizio cui l'accertamento tecnico preventivo è preordinato.
In base all'art. 445 bis, cod. proc. civ., introdotto dalla legge n. 111/2011, nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità , chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente domanda di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie.
L'espletamento dell'accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità della domanda e la richiesta ne interrompe la prescrizione.
Presentata la relazione da parte del consulente tecnico dell'ufficio (CTU), le fasi successive sono le seguenti:
1) Il giudice fissa un termine di 30 giorni entro il quale le parti devono dichiarare in forma scritta se intendono contestare la relazione;
2) In assenza di contestazione, il giudice, con decreto pronunciato fuori udienza entro 30 giorni dalla scadenza del termine previsto dal punto precedente, omologa l'accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico dell'ufficio provvedendo sulle spese. Il decreto, non impugnabile né modificabile, è notificato agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle prestazioni, entro 120 giorni.
3) Nei casi invece di mancato accordo la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio deve depositare, presso il giudice, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione. La sentenza che definisce il giudizio è inappellabile.
Relativamente alle fasi operative dell'Inps, una volta ricevuta una notifica di un accertamento tecnico preventivo (ATP) le sedi Inps devono procedere nel seguente modo:
1) È necessario acquisire la verifica del parere del dirigente medico della Sede competente inerente all'autotutela cioè dell'atto amministrativo col quale l'ente riconosce il diritto del ricorrente;
2) l'esercizio dell'autotutela dovrà essere decisa in via definitiva dalla Commissione medica superiore e avrà l'effetto di impedire il giudizio, sempreché intervenuta in tempo utile anteriormente alla prima udienza;
3) il medico dell'Inps deve inviare al CTU designato le proprie controdeduzioni, se ne ricorrano i presupposti, entro il termine perentorio fissato dal Giudice;
4) occorre procedere alla costituzione in giudizio (se possibile per il tribunale, in via telematica) almeno dieci giorni prima della data fissata per l'udienza;
5) la memoria di costituzione dovrà rappresentare tutte le eventuali eccezioni che potrebbero rendere superfluo l'espletamento della consulenza tecnica d'ufficio (mancanza di domanda amministrativa, pendenza di giudizio per precedente domanda, eventuale riconoscimento della provvidenza in via amministrativa, superamento dei limiti di età legislativamente previsti alla data di presentazione della domanda, requisiti reddituali superiori ai limiti di legge);
6) occorre depositare in cancelleria con modalità telematica, entro il termine stabilito dal Giudice, l'eventuale dissenso espresso dall'Inps stesso;
7) bisogna trasmettere il fascicolo cartaceo, se presente, entro sette giorni all'Ufficio legale competente (inclusa la dichiarazione di dissenso completa con la data di deposito), al fine di consentire il deposito del ricorso introduttivo del giudizio di merito nei termini di legge.
Omologazione del giudice
Nel caso di mancata contestazione dell'accertamento del CTU il giudice, come detto, emana un decreto di omologazione, in virtù del quale l'Inps procede al riconoscimento del trattamento di invalidità, previa verifica degli altri eventuali requisiti chiesti dalla legge come ad esempio:
1) le condizioni reddituali;
2) in caso di cittadino extracomunitario/apolide/rifugiato, il possesso del regolare permesso di soggiorno ed il relativo stato civile;
3) e richiesto, il mancato svolgimento dell'attività lavorativa:
4) il certificato di mancato ricovero in istituti con retta a carico dello Stato (per l'indennità di accompagnamento) e di frequenza di centri terapeutici o di scuole (per l'indennità di frequenza).
In caso di esito positivo dei predetti aspetti l'Inps deve liquidare la prestazione entro 60 giorni dalla notifica del decreto di omologa, da comunicare al richiedente.
In caso di esito negativo dei riscontri sarà emesso un provvedimento di diniego della prestazione, da comunicarsi al richiedente tramite racc. A.R., al Patronato ed al difensore di fiducia tramite PEC.


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Le indennità di accompagnamento, le pensioni di invalidità, le indennità di frequenza e le indennità di comunicazione non saranno rilevate ai fini della quantificazione dell'ISEE. Invece le spese legate direttamente all'assistenza di disabili saranno incluse nel reddito disponibile in cambio di una maggiorazione dei parametri della scala di equivalenza per calcolare l'ISEE.
A seguito dell'emanazione della legge 89/2016, l'Inps fornisce le prime precisazioni in merito all'applicazione normativa alla luce degli ultimi interventi del Consiglio di stato.
Nozione di reddito ISEE
L'ISEE è costituita dalla somma della situazione patrimoniale e reddituale rapportata al numero dei componenti il nucleo familiare.
La situazione reddituale in base all'art. 4 del Dpcm 159/2013 è composta, oltre che dai redditi dichiarati ai fini Irpef, anche dai trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche, laddove non siano già inclusi nel reddito complessivo.
Come anticipato i predetti trattamenti sono da escludere nella base di reddituale, mentre se percepiti per ragioni diverse dalla condizione di disabilità (ad esempio carta acquisiti ordinaria, contributo affitto, assegno di maternità di base e assegno per il nucleo familiare con almeno tre figli minori concessi dai Comuni ecc.), restano inclusi nella nozione di reddito.
L'anno di percezione del trattamento da sottrarre non è più l'anno precedente, ma il secondo anno solare precedente la presentazione della DSU (dichiarazione sostitutiva unica).
Spese per disabili
L'altra modifica operata dalla legge 89/2016 riguarda l'inclusione nel reddito delle seguenti spese legate alla presenza di un disabile nel nucleo:
- le spese per i servizi di collaboratori domestici e addetti all'assistenza personale, sia sostenute direttamente sia acquisiti presso enti fornitori;
- la retta per l'ospitalità alberghiera;
- le franchigie previste per ogni componente disabile medio, grave o non autosufficiente.
L'inclusione di queste spese viene però compensata dall'incremento dei parametri della scala di equivalenza. Vediamo come.
L'ISEE intanto è pari, come è noto, alla seguente formula: ISR (indicatore situazione reddituale) + 20% ISP (Indicatore situazione patrimoniale) diviso il parametro della scala di equivalenza (da 1 a 2,85) variabile a seconda del numero dei membri del nucleo.
Per compensare l'inclusione nei redditi delle predette spese, la nuova legge ha stabilito per ogni componente il nucleo con disabilità media, grave o non autosufficiente, una maggiorazione dello 0,5 al parametro della scala di equivalenza.
Ricalcolo ISEE
L'Inps provvederà, per i nuclei familiari con persone con disabilità o non autosufficienti, a ricalcolare d'ufficio gli ISEE in corso di validità le cui domande sono state presentate dal 1° gennaio 2016 ed attestati entro il 28 maggio 2016 salvo alcune eccezioni (ISEE pari a zero - ISEE contestati - ISEE calcolati con le previgenti regole).
L'attestazione degli ISEE ricalcolati potrà essere verificata dagli utenti interessati attraverso i canali messi a diposizione dall'Istituto (Caf, accesso con PIN, presso sedi dell'Inps).


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L'Inps, con regolamento 15 ottobre 2010, ha provveduto ad attuare la legge n. 69/2009 fissando i nuovi termini per la conclusione esplicita dei procedimenti amministrativi di propria competenza, con esclusione dei procedimenti in autotutela e quelli promossi con ricorso avverso un atto o un provvedimento.
Conclusione del procedimento
La regola generale posta dalla legge n. 69/2009 che ha modificato la legge n. 241/1990 è che, se il procedimento consegue obbligatoriamente ad una domanda, ovvero deve essere iniziato d'ufficio, i funzionari pubblici hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso.
Termini massimi di adozione del provvedimento
Regole generali:
1) il termine massimo di conclusione del procedimento deve intendersi rispettato qualora l'organo competente dell'Inps abbia adottato il provvedimento finale, anche se tale provvedimento non sia stato ancora comunicato;
2) se il termine cade in giorno non lavorativo, è prorogato di diritto al giorno successivo lavorativo;
3) il termine finale si compie con l'esaurirsi dell'ultimo istante del giorno finale previsto.
Termini per l'adozione dei provvedimenti previdenziali e assistenziali INPS:

Domanda di: Giorni:
Pensione di vecchiaia 60
Pensione di anzianità 60
Pensione di invalidità e inabilità 90
Pensioni indirette e reversibilità 60
Pensioni Fondi speciali 90
Assegno straordinario settore credito 60
Pensione in regime internazionale 90
Ricostituzione pensione contributiva 90
Ricostituzione supplemento 90
Riconoscimento invalidità civile 90
Riscatto 90
Ricongiunzione 90
Estratto conto assicurativo immediato
Disoccupazione ordinaria 60
Disoccupazione agricola 120
Disoccupazione speciale edile 60
Indennità di mobilità 60
Assegni familiari 60
Assegni familiari agricoli 120
Cig ordinaria 90
Cig straordinaria 60
Sussidio Lsu 60
Fondo garanzia Tfr 90
Indennità malattia e maternità 60


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L’Inps, con il messaggio del 2 dicembre 2019, n. 4477, fornisce chiarimenti circa le fattispecie concernenti titolari di assegno ordinario di invalidità (AOI), sospeso a causa dell’opzione in favore dell’indennità NASpI.
Indennita NASpI e assegno ordinario di invalidità (AOI)
Il percettore di assegno ordinario di invalidità che, avendone diritto, abbia optato per la indennità NASpI sospendendo l'erogazione dell'assegno, può, in qualsiasi momento, rinunciare alla indennità ripristinando l'assegno ma la rinuncia deve intendersi a titolo definitivo
Nella eventualità che il titolare della indennità di disoccupazione NASpI trovi una nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato dalla quale derivi un reddito annuale superiore al reddito minimo escluso da imposizione, la prestazione decade salvo il caso in cui la durata del rapporto di lavoro non sia superiore a sei mesi. In tale ultima eventualità l'indennità è sospesa d'ufficio per tutta la durata del rapporto lavorativo e riprende ad essere corrisposta al termine del periodo di sospensione.
La prima casistica considerata riguarda la sospensione della NASpI nei confronti di lavoratori, precedentemente percettori di assegno ordinario di invalidità, a seguito di nuova occupazione per periodi di lavoro subordinato non superiori a sei mesi. A tale proposito nella nota si ricorda la circolare INPS 138/2011 che, nel recepire le indicazioni offerte dalla sentenza della Corte costituzionale 19-22 luglio 2011, n. 234, aveva già precisato come pienamente sussistente la facoltà, per i lavoratori percettori di assegno di invalidità che avessero optato per la l’indennità di disoccupazione, di rinunciare a quest’ultima in favore del ripristino dell’assegno. Tuttavia tale rinuncia, avente valore dal momento della sua effettuazione, doveva intendersi come definitiva (nel senso che il lavoratore, esercitandola, avesse conseguentemente rinunciato definitivamente alla percezione della residua indennità). Nel ribadire quanto sopra, nella nota in commento l’Istituto previdenziale chiarisce che l’assicurato titolare di AOI, a seguito di opzione per la indennità di disoccupazione NASpI, può in qualsiasi momento rinunciare a quest’ultima e riottenere l’assegno di invalidità, ma tale rinuncia deve intendersi come definitiva.
La seconda fattispecie considerata nel messaggio 4477/2019 concerne la casistica della NASpI erogata in forma anticipata ai sensi dell’articolo  8 del decreto legislativo n. 22/2015 secondo cui il lavoratore avente diritto può richiedere la liquidazione anticipata, in unica soluzione, dell'importo complessivo del trattamento che gli sarebbe spettato e non ancora erogato, a titolo di incentivo all'avvio di un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o per la sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa nella quale il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio. Anche in questo caso, l’assegno ordinario di invalidità rimane sospeso per tutto il periodo teorico di spettanza dell’indennità NASpI e può essere ripristinato al termine di quest’ultimo, a condizione che l’assicurato continui a mantenere il relativo diritto.


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L'Inps fornisce nuove istruzioni per l'applicazione della disciplina del riscatto di periodi non coperti da contribuzione e per il criterio di calcolo dell'onere di riscatto dei periodi di studio universitari da valutare nel sistema contributivo
L'arco temporale massimo riscattabile corrispondente a periodi di inattività si colloca entro il 1° gennaio 1996 e il 29 gennaio 2019. L’Inps, con la circolare 25 luglio 2019, n. 106, ritorna sulla nuova forma di riscatto sperimentale, alla luce dell’assetto finale di tale strumento dopo la legge n. 26/2019 di conversione del D.L. n. 4/2019.
Le nuove istruzioni integrano le precedenti contenute nella circolare 5 marzo 2019, n. 36 (in Guida al Lavoro n. 12/2019) e aggiungono alcune precisazioni anche in materia di riscatto della laurea.
Riscatto per periodi di inattività
L'anzianità contributiva acquisita per effetto del riscatto dei periodi non coperti da contribuzione è utile ai fini del conseguimento del diritto a pensione e per la determinazione della relativa misura con incremento della pensione.
L'art. 20 della legge n. 26/2019 ha introdotto questa nuova forma di riscatto oneroso in via sperimentale, per il triennio 2019-2021, a favore degli iscritti:
- all'assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti;
- alle forme sostitutive (ex Enpals) ed esclusive 8ex Inpdap) della medesima;
- alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti e agricoli autonomi);
- alla gestione separata;
privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e non già titolari di pensione.
Non sono pertanto comprese le Casse previdenziali professionali i cui iscritti potranno riscattare periodi di inattività presenti in altre gestioni se ricorrono le condizioni ma non periodi accreditabili nelle Casse stesse.


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Anche agli stranieri residenti in Italia, ciechi totali o parziali, benché privi di permesso di soggiorno di lungo periodo, deve essere riconosciuta la pensione di invalidità civile , purché legalmente soggiornati in base ad un valido permesso di soggiorno
A seguito della sentenza della Corte costituzionale ai cittadini stranieri extracomunitari non vedenti, anche se sprovvisti del permesso di lungo soggiorno, è riconosciuto il diritto alla pensione e all'indennità speciale previste a favore dei ciechi civili qualora legalmente soggiornanti.
L'Inps col messaggio 6456 del 20 ottobre 2015 ha applicato la sentenza 22/2015 della Corte costituzionale che ha esteso la predetta prestazione anche agli extra comunitari privi del permesso di lungo soggiorno, ciechi parziali o totali. La norma censurata dalla Corte è l'art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Sono esclusi coloro ai quali è stata negata la prestazione per effetto di sentenze passate in giudicato che abbiano negato la prestazione.
Permesso di soggiorno di lungo periodo - Il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ha sostituito nel gennaio 2007 la carta di soggiorno per cittadini stranieri.
Lo straniero può chiedere al questore del luogo dove ha la residenza il rilascio, per sé e per i propri familiari, del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo purché siano documentati i requisiti richiesti (D.Lgs. 286/1998 e successive modifiche).
Questo tipo di permesso di soggiorno è a tempo indeterminato e può essere richiesto solo da chi possiede un permesso di soggiorno in corso di validità da almeno 5 anni.
Deve essere inoltre dimostrata la disponibilità di un reddito minimo non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e che il cittadino straniero non sia pericoloso per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.
Erogazione della pensione di invalidità - Nei confronti di questi soggetti la prestazione andrà riconosciuta dall'Inps fino alla relativa data di scadenza e prorogata alla consegna della ricevuta della richiesta di rinnovo rilasciata dalla Questura competente.
La documentazione dovrà naturalmente essere acquisita nel fascicolo dell'istruttoria della sede competente.